4. Per un catalogo collettivo delle opere a stampa del XVI sècolo.
(Possibilità e piani di lavoro)

Libri antichi e catalogazione. Metodologie e esperienze.

La registrazione bibliografica delle opere a stampa del XVI sècolo è, ancora oggi, molto più limitata rispetto a quella degli incunaboli. Manca, infatti, tutto quel lavoro preliminare, che per gli incunaboli è stato già svolto cento o duecento anni fa (Hain, Copinger, Reichling…). ¼attività del catalogo collettivo degli incunaboli (GW) può valersi in ogni momento di questo lavoro, mentre per le edizioni del Cinquecento nun esiste alcuna bibliografia esauriente, ad eccezione del¾ Index Aureliensis, che resta però sempre piùttosto limitativo (esclude i fogli volanti, le opere stampate in caratteri non latini e così via). Dal 1962 ad oggi sono state descritte in questa pubblicazione – fino alla intestazione „Carroli” – complessivamente 32 670 opere a stampa del XVI sècolo, fornendo in alcuni casi anche un’indicazione del luogo in cui ¾opera si trova. Sono stai tralasciati, tuttavia, interi gruppi di opere, ad esempio tutta la voce „Bibbia”. La seconda Serie del¾ Index Aureliensis, che si trova ancora in fase di programmazione, dovrebbe essere sostanzialmente più vasta della prima serie, se si raggiungerà la perfezione bibliografica a cui si tende.

Visto che siamo in argomento, possiamo ora domandarci quante unità bibliografiche del XVI sècolo dobbiamo calcolare. Proprio a causa della mancanza di lavori preliminari, se ne può fare una stima molto approssimativa. Conosciaimo circa 30 600 diverse edizioni del XV sècolo, in circa 500 000 esemplari. Per il XVI sècolo, basandosi su alcune comparazioni, si può calcolare che esistano circa 500 000 unità bibliografiche, diffuse in quasi dieci milioni di esemplari. Si tratta di cifre terribilmente alte. Bisognerà ora trovare una uscita dal vicolo cieco in cui, momentaneamente, si è venuta a trovare la registrazione bibliografica delle edizioni del XVI sècolo.

Il fondo complessivo in possesso delle raccolte di tutto il mondo (biblioteche, musei, archivi) costituisce il materiale grezzo, come base del lavoro futuro.

Per il XV sècolo dobbiamo prendere in esame circa 3 000 raccolte, ma nel caso del XVI sècolo dovremo calcolarne certamente più di 10 000. Purtroppo solo alcune biblioteche hanno il quadro di insieme delle edizioni del XVI sècolo di cui sono in possesso, e solo una piccola parte di queste ha pubblicato il suo catalogo. In questo campo gli inglesi occupano per ora una posizione di primo piano (British Museum, Cambridge).

La maggior parte delle istituzioni in possesso di edizioni antiche è arrivata a risolvere il problema degli incunaboli; sembra ora che estendere il campo di indagine ad una categoria cronologica più vasta rappresenti o un lavoro troppo impegnativo o qualcosa a cui nun si pensa affatto. Bisogna sottolineare quanto sia importante la conoscenza precisa dei fondi antíchi – per lo meno di quelli del XVI sècolo – che si trovano nelle varie raccolte. Contenutisticamente queste opere sono molto più importanti, più interessanti e di maggior pregio rispetto agli incunaboli. Nella maggior parte dei casi si fa una stima eccessiva del materiale e questo finisce col bloccare le iniziative. Per dissipare tali idee poco fondate, vorrei illustrare in cifre concrete la mia esperienza personale.

La biblioteca universitaria di Budapest possiede un catalogo di servizio di circa 900 000 schede. Con un minimo di esperienza si possono spogliare in media 2000 schede in un’ora; in questo modo I’esame di una biblioteca non troppo piccola – con 1100 incunaboli e circa 10 000 edizioni del XVI sècolo – comporterebbe per un bibliotecario il lavoro di circa tre mesi, lavoro che dovrebbe comprendere I’annotazione delle informazioni più importanti (segnatura, autore, titolo, luogo di edizione e data) non solo delle edizioni del Cinquecento ma anche di quelle senza data che, per autore, titolo e contenuto, potrebbero essere attribuite a questa epoca. (¼entità di questo secondo gruppo può aggirarsi intorno al 10% delle edizioni datate). Sia ¾impresa in se stessa che il lavoro che essa richiede non sono dunque qualcosa di impossibile. Se i direttori delle maggiori biblioteche in possesso di consistenti fondi antichi sapessero che il lavoro di spoglio non richiede enormi sforzi, potrebbero intraprenderlo e vederlo condotto a termine in un arco di tempo limitato.

Corpus

Una volta stabilito quali edizioni di una raccolta appartengano al XVI sècolo, il passo successivo sarà quello di catalogare tali opere o di ricatalogarle a un livello più elevato. Le grandi bibliografie e i cataloghi già pubblicati (in primo luogo il GW) costituiscono un prezioso sussidio per gli incunaboli, ma per il XVI sècolo questa Base indispensabile non c’è. Al fine di supplire a questa mancanza è necessario un catalogo collettivo, il Corpus, nel quale deve essere possibile reperire sia il contenuto del testo che la descrizione formale più accurata in vista di una precisa identificazione. Se si sceglie un sistema flessibile e si prende in considerazione ¾eventualità di servirsi delle tecniche moderne (computer, riproduzione) e di una suddivisione internazionale del lavoro, le possibilità di redigere il Corpus sembrano piùttosto favorevoli. Cercherò ora di illustrare come, secondo me, dovrebbe presentarsi un simile Corpus. Esso dovrà essere diviso in due parti: descrizione e indici.

Descrizione

La descrizione deve soddisfare due esigenze fondamentali: da un lato essa deve fornire chiare informazioni sul contenuto del testo, dal¾ altro deve rispecchiare così fedelmente ¾edizione da rendere possibile un’identificazione bibliografica sicura ed univoca. Il titolo fornisce elementi sufficienti sul contenuto del testo. Le indicazioni generali prescritte dal¾ISBD per la trascrizione dei dati bibliografici sono, in questo caso, più che sufficienti: autore, intestazione, titolo, luogo e anno di stampa, stampatore o editore. Una riproduzione del frontespizio, e qualche volta anche di altre parti del libro (per esempio il colophon), facilita ulteriormente una più precisa identificazione. Trovandosi in possesso di un esemplare del¾ opera, si può confrontare I’originale con la riproduzione. Nessun altro faticoso sistema di descrizione può adempire così bene alla sua funzione come la riproduzione, la cui tecnica è oggi molto avanzata. Tale riproduzione non dovrà avere necessariamente le stesse dimensioni del¾ originale. Dieci anni fa è uscita la bibliografia delle antiche opere a stampa ungheresi, bibliografia per la quale noi già ci servimmo di questo metodo. Le riproduzioni di tutti i frontespizi hanno una grandezza di cm. 4×6. Le esperienze nel campo del¾ identificazione sono più che soddisfacenti.

Naturalmente per una perfetta e sicura identificazione si richiedono altre indicazioni: una precisa collazione delle segnature, il formato e così via. Anche ¾impronta può essere molto utile. Si tratta di un interessante sistema, elaborato negli ultimi anni da francesi e inglesi, che consiste nel ricavare lettere o segni alla fine di righe da ben determinate pagine del libro. Con tali lettere si forma una catena che nella sua sequenza è caratteristica di una sola edizione ed è quindi particolarmente utile al ¾identificazione.

La pubblicazione dei titoli, delle riproduzioni e delle altre indicazioni – come base per ¾identificazione – richiede uno spazio poco più grande di quello che occupa una normale scheda catalografica di formato internazionale. E’ possibile così pubblicare in un volume di formato medio circa 10 000 unità bibliografiche. Un repertorio di tutte le edizioni del XVI sècolo avrebbe bisogno di circa 50 volumi, impresa che oggi non si può più considerare di enormi dimensioni.

Indici

Tutti i dati della descrizione devono essere resi accessibili alla ricerca mediante indici, e ciò vale sia per le informazioni sul¾ autore, sui collaboratori letterari, stampatore, editore, titolo, luogo di stampa e così via, che per i dati sulla descrizione formale del testo: collazione, paginazione, impronta eccetera. Anche un indice dei luoghi in cui ¾opera è reperibile è molto importante e ne parleremo in seguito.

Tutte queste informazioni dovranno essere immagazzinate in un computer in modo da poter poi disporre di una banca di dati sulle edizioni del XVI sècolo. Sempre con ¾aiuto del computer sarà possibile redigere gli indici ed eventualmente stamparli. Questa soluzione offre grandi possibilità alla elaborazione dei vari indici, che potranno essere pubblicati singolarmente per ogni volume o tutti insieme. Non occorre alcun lavoro supplementare da parte di bibliotecari.

Redazione

Si è già detto che bisogna elaborare un sistema elastico per il Corpus. Quasi tutte le bibliografie e i cataloghi sono soggetti nella redazione a un criterio di ordinamento: il GW, ad esempio, segue ¾ordine alfabetico per autore o per titoli di opere anonime. Ma in questo caso bisogna avere prima il quadro completo di tutto il materiale, e solo in un secondo tempo si può redigere la pubblicazione. È impossibile seguire questa procedura per le edizioni del XVI sècolo, perché, a distanza ormai di decenni, nemmeno le più grandi biblioteche del mondo posseggono una soddisfacente visione d’insieme. La pubblicaziane si sposta cosi ad Kalendas Graecas.

La mia proposta, invece, è un’altra: dopo aver stabilito precisamente i metodi di descrizione, si può cominciare subito con la redazione e, anzi, addirittura con la pubblicazione. Ciò è possibile perché questa non seguirebbe criteri d’ordinamento, trovandosi tali criteri negli indici, che verrebbero pubblicati contemporaneamente.

Grazie al¾ elasticità del¾ organizzazione si potrà giungere alla decentralizzazione del processo di descrizione. Con ¾aiuto di istruzioni precise tutte le edizioni diventano descrivibili sulla Base di un esemplare perfetto. Le opere che presentano problemi possono venire senz’altro messe da parte, dando la preferenza a quelle opere che sono conservate in numerosi esemplari.

La lingua più adatta ad una simile pubblicazione è il latino. Tutte le espressioni ricorrenti del XVI sècolo sono in latino, e spesso esclusivamente in latino, che allora era la lingua scientifica internazionale per tutta ¾Europa. Sulla base del latino si raggiungerà più facilmente anche la normalizzazione dei nomi dei santi o dei principi.

Se la descrizione viene decentralizzata, basterà una piccola redazione che avrà vari compiti: completare le istruzioni con nuove decisioni, raccogliere le descrizioni già pronte, eliminare possibili sovrapposizioni, numerare e pubblicare le descrizioni, immagazzinare i dati nel computer e stamparli mediante la macchina.

Parallelamente al primo volume delle descrizioni esce già il primo volume degli indici. Con questo sussidio i bibliotecari delle varie raccolte potranno identificare i loro esemplari e riferire i risultati alla redazione centrale. Nel successivo volume di indici si troverà un indice dei luoghi di reperimento dei singoli esemplari, indice che potrà venire ampliato in ogni momento nel corso del lavoro.

¼ elasticità del sistema offre anche il vantaggio di poter cancellare tutte quelle informazioni che via via dovessero risultare false: esse verranno facilmente eliminate dalla banca di dati del computer, così che già nel successivo volume di indici saranno spariti tutti gli errori e contemporaneamente usciranno le informazioni esatte.

Prospettive future

I Numeri currentes del Corpus possono diventare anche una sorta di numero internazionale di identificazione (ISBN) delle edizioni del XVI sècolo. La realizzazione del Corpus offre poi anche un altro grosso vantaggio: se, nel corso della registrazione, tutta ¾opera, e non solo alcune parti di essa, sarà filmata, si potrà poi pubblicarla interamente su microfiches. In questo modo le più grandi biblioteche del mondo potrebbero possedere in extenso tutte le edizioni del XVI sècolo, un fatto che rappresenterebbe un successo enorme e comune della scienza e della tecnica.

La realizzazione di tutti i programmi fin qui descritti ha bisogno, naturalmente, della messa a punto di tutta una serie di condizioni preliminari. Le varie fasi del lavoro dovrebbero essere studiate da esperti, o comunque poste precedentemente sotto il loro vaglio. Le organizzazioni internazionali, come ¾UNESCO o ¾IFLA, dovrebbero appoggiare ¾impresa sia moralmente che materialmente. Ancora una volta bisogna sottolineare ¾importanza della collaborazione internazionale in ogni campo. Solo così si possono trasformare i sogni in una utile realtà.

Appendice

Per la normalizzazione, il miglioramento e il completamento degli indici del Corpus possono essere utili alcuni repertori e pubblicazioni.

Thesaurus

Sia le forme dei nomi che i titoli delle edizioni del Cinquecento possono variare notevolmente nun solo da Opera a Opera ma andre da edizione a edizione. È quindi indispensabile che un autore o un testo compaiano nel volume degli indici del Corpus sotto un’unica forma. A tal fine si rendono necessari principi fissi e coerenti, per la cui formulazione può costituire un valido contributo il cosiddetto Thesaurus scriptorum titulorumque.

Gli anonimi e pseudonimi presentano tutta una Serie di problemi che si possono risolvere solo passo per passo. La giusta forma del nome delI’autore e di altre persone che hanno collaborato alla realizzazione di un’opera del XVI sècolo, può essere determinata nel paese di origine del¾ autore stesso (ad esempio presso le redazioni delle Bibliografie nazionali) molto meglio che altrove. In casi dubbi (ad esempio nel caso di paesi che non esistono più) dovranno essere gli esperti delle varie discipline a decidere la forma normalizzata.

Si tratta, quindi, di un lavoro estremamente vasto, con decine di migliaia di nomi e di titoli, senza contare poi il numero delle forme varianti che si aggira intorno alle centinaia di migliaia.

È chiaro, perciò, che per una simile impresa è necessaria la collaborazione internazionale. Il latino, come lingua della redazione, può rivelarsi molto utile.

Clavis

Il punto di appoggio fondamentale per stabilire la forma normalizzata di nomi e titoli è il Thesaurus. Nel caso dei luoghi di stampa, degli stampatori e degli editori il ruolo del Thesaurus viene preso da una Clavis typographorum librariorumque. Non è necessario qui scendere nei particolari, dato che io stesso ho redatto un’opera del genere su tipografi e luoghi di edizione in Italia: la Clavis typographorum librariorumque Italiae 1465–1600. I–Il, Baden Baden, Koerner 1980. Sarei molto grato ai colleghi italiani se volessero sfogliare la mia Clavis e comunicarmi le loro opinioni. In quest’opera si possono riconoscere chiaramente quali devono essere i punti focali di una Clavis: le tre parti in cui essa si suddivide corrispondono ai tre elementi delle note tipografiche: luogo di stampa, anno, stampatore o editore. Quest’opera offre, insieme alla normalizzazione di nomi e titoli, la possibilità di completare una o spesso anche due informazioni mancanti delle note tipografiche.

Repertorio di caratteri

Le opere senza note tipografiche possono essere identificate – teoreticamente – con ¾aiuto di un repertorio di caratteri. Si è già verificato qualcosa di simile con gli incunaboli per i quali il GW offre, per ogni unità bibliografica, le note tipografiehe al completo, con tutte le eventuali aggiunte. Il repertorio di caratteri degli incunaboli – redatto da Konrad Haebler – è la base in cui si trova ordinato sistematicamente e in tavole tutto il materiale tipografico degli incunaboli (lettere, iniziali, decorazioni, marche tipografiche).

Qualcosa del genere dovrebbe essere a disposizione anche per il XVI sècolo. Qui la mole del materiale è già così vasta che solo un computer può risolvere il problema[1]. Finché questo metodo non sarà accessibile, non rimarrà altro da fare che raccogliere, ordinare e pubblicare tune le più importanti e caratteristiche informazioni circa le attrezzature tipografiche in possesso delle officine del XVI sècolo.

Le marche tipografiche, molto diffuse nel XVI sècolo, hanno un’enorme importanza per la determinazione dello stampatore o del¾ editore. Se si attribuissero le marche ai relativi tipografi e editori, sarebbe anche utile stabilire la datazione delle medesime. Si potrebbe così redigere una raccolta di marche tipografiche ed editoriali, Ordinate per grandezza, monogramma, motto eccetera, raccolta che Barebbe utilissima ai fini del completamento delle rote tipografiche mancanti, e Barebbe andre una pubblicazione autonoma di pregio.

Le marche compaiono abbastanza spesso nella cornice del titolo. Anche queste cornici, di solito incisioni in legno, sono caratteristiche delle varie officine. Varrebbe quindi la pena di raccoglierle, ordinarle e pubblicarle, seguendo gli stessi criteri usati per le marche. Bisogna, però, tenere presente che i clichè venivano spesso scambiati fra le varie officine.

Ancora più decorative sono le illustrazioni delle prime edizioni. Si tratta di un materiale molto vario e ricco, che comunque offre una chiave supplementare per la determinazione dello stampatore. La pubblicazione di queste incisioni potrebbe essere condotta parallelamente alla realizzazione delle microfiches di cui parlavo precedentemente.

Con ¾aiuto del Thesaurus, Bella Clavis e del Repertorio di caratteri si possono correggere, ampliare e migliorare in ogni momento gli indici del Corpus, che vengono pubblicati continuamente.


[1] Computer-assisted examination of printing types of early printing, in Magyar Könyvszemle 1971. 164–170.




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